La leggenda legata alla fondazione della Repubblica di San Marino ruota interamente attorno alla figura di un tagliapietre dalmata. Questa storia, scritta in lingua latina da un autore anonimo del X secolo, narra che nel 257 d.C. , all’epoca degli imperatori romani Diocleziano e Massimiano, Rimini dovesse ricostruire  le sue mura distrutte da un assedio attuato dal re dei Liburni.

L’iniziativa stimolò l’arrivo a Rimini di molta manovalanza in cerca di lavoro tra cui svariati tagliapietre provenienti dalla Dalmazia, come Marino e Leo, due scalpellini di fede cristiana giunti dall’isola di Arbe.

In verità non è proprio chiaro se Marino arrivasse in cerca di lavoro o fuggendo da una persecuzione a carattere religioso, tuttavia a Rimini egli iniziò ad operare facendosi conoscere per le sue grandi doti di lavoratore e di uomo cristiano.

Dopo qualche tempo, Marino e Leo, salirono sul vicino Monte Titano per estrarvi pietra e qui rimasero a lavorare per tre anni.

In seguito Leo decise di ritirarsi sul monte Feretro, posto a pochi chilometri dal Titano, luogo in cui si costruì una celletta e un piccolo oratorio.

Marino, invece, tornò a Rimini dove si trattenne per altri dodici anni. Ad un certo punto però dovette scappare per rifugiarsi nuovamente sul Titano perché era sopraggiunta dalla Dalmazia una donna malvagia e indemoniata  che dichiarava di essere la legittima moglie di Marino, meschinamente abbandonata dal tagliapietre.

Ai piedi del Titano nei pressi di una località chiamata Baldasserona Marino visse all’addiaccio per un anno finchè non venne scoperto casualmente da alcuni pastori locali che sparsero la voce.

Sul posto arrivò immediatamente la sua presunta moglie e, per sei giorni e sei notti, Marino sì isolò nel digiuno e nella preghiera finchè la donna non se ne andò.

Verissimo e Felicissima

In seguito Marino si spostò sulla sommità del monte dove costruì una piccola cella ed una chiesetta.
Tale sistemazione non piacque però a Verissimo, figlio di una nobildonna locale, Felicissima, legittima proprietaria del luogo che decise di cacciare via l’eremita con le cattive.

Nel tentativo di aggressione, Verissimo, cadde improvvisamente paralizzato nelle braccia e nelle gambe. Sua madre capì che la causa della paralisi del figlio derivava dall’offesa fatta al sant’uomo e supplicò Marino di restituire l’integrità fisica al figlio: in cambio gli avrebbe concesso qualsiasi cosa. Marino rimise in forze Verissimo e in cambio non chiese altro che un lembo del Monte per praticare la sua spiritualità.

Felicissima non solo omaggiò il Santo dell’intero Monte ma aggiunse delle terre limitrofe sulle quali il Santo costituì la sua comunità di Cristiani.

Il Santo Marino morì nel 301 d.C. esalando, assieme all’ultimo respiro, le parole: Relinquo vos liberos ab utroque homine (Vi lascio liberi dall’uno e dall’altro uomo, intendendo Papa e Imperatore).

Il 3 settembre si festeggia la ricorrenza della fondazione della Repubblica avvenuta e si commemora il santo patrono Marino. 

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